Chi pratica danza classica sa che tra i tanti requisiti richiesti, l’en dehors e il collo del piede sono di sicuro i due più importanti. Spesso i medici che si occupano di danza sono chiamati a rispondere a questo tipo di domande: posso incrementare il mio en dehors? Posso migliorare il mio collo del piede? Quali esercizi posso fare per l’anca? E quali per il piede? Parleremo in questo breve articolo del collo del piede.
Il collo del piede è determinato dall’estensione di una catena di articolazioni, che partono dalla tibio-astragalica (articolazione della caviglia) per giungere alle articolazioni interfalangee.
L'estensione di tutte queste determina la caratteristica forma del piede in punta. Il fattore limitante più importante nell’acquisire l’en pointe è di sicuro la tibio-astragalica, vale a dire la possibilità di escursione articolare dell’astragalo all’interno del mortaio tibiotarsico (costituito da porzione distale della tibia e del perone). Durante l’en pointe, l’astragalo ruota e scivola all’interno del mortaio fino a bloccarsi.
Questo movimento può essere limitato da diversi fattori: os trigonum, processo di Sieda, capsuliti, ecc. Al di sotto della tibio-astragalica, l'articolazione più importante nel determinare il collo del piede, abbiamo altre articolazioni dotate, fisiologicamente, di una minor escursione articolare: sono le articolazioni tra astragalo e scafoide, scafoide e cuneiformi e cuboide, tra metatarsali e ossa del tarso, tra metatarsali e falangi. L’articolazione tibio-astragalica è la responsabile principale nel determinare il collo del piede e, grazie alla partecipazione delle altre articolazioni, è tale da permettere l’allineamento tra ginocchio, malleolo (interno o esterno) e dita del piede.
Grazie a questo allineamento, il peso del corpo viene ad essere equidistribuito e si garantisce il giusto aplomb dell’arto inferiore. Se invece il collo del piede non permette questo allineamento (per difetto di estensione della tibio-astragalica e/o delle articolazioni al di sotto di questa), l’aplomb dell’arto inferiore viene a mancare e i ballerini sono più soggetti a particolari lesioni capsulo-legamentose o ossee.
Tra le patologie capsulo-legamentose ricordiamo: maggior frequenza di distorsioni di caviglia, tendinopatie dei flessori del piede (peronei, tibiale posteriore, flessori delle dita e lungo dell’alluce) e degli estensori (estensori comuni delle dita, estensore proprio dell’alluce). Tra le patologie ossee, invece, ricordiamo: fratture da stress a livello della base dei metatarsali, frattura da stress della tibia. Per comprendere la genesi di queste patologie, è bene fare qualche richiamo di anatomia applicata alla tecnica della danza. Per poter eseguire l’en pointe, occorre estendere ai massimi gradi la caviglia e il piede. Questo movimento dovrebbe essere condotto dalla muscolatura profonda del piede, e non del polpaccio.
Per muscolatura profonda si intendono: tibiale posteriore, flessore delle dita e dell’alluce, peronei. Questi muscoli, definiti retro-malleolari hanno un duplice ruolo:
1) estendono la caviglia e le articolazioni al di sotto di questa.
2) stabilizzano la caviglia.
3) spingono l’astragalo in avanti usando i malleoli come fulcro e quindi, in definitiva, migliorano il collo del piede.
Un piede con poco collo del piede andrà incontro a tendinopatie poiché i tendini flessori “retro-malleolari” sarebbero forzati e non avrebbero un decorso rettilineo. Inoltre, per via della conformazione scheletrica e per l’intervento di altri muscoli estensori (tricipite della sura), essi non potranno svolgere il loro ruolo di stabilizzatori della caviglia e del piede. Il sovraccarico di lavoro e il loro non fisiologico meccanismo di azione, in un piede atteggiato in una posizione estrema come può essere la punta, determina l’insorgenza di tendinopatie.
Altro importante capitolo è rappresentato dalla fratture da stress dei metatarsali, di solito il secondo e il terzo. Tipicamente, esse insorgono nel piede definito “over-pointed”, vale a dire un piede dove il collo del piede è poco sviluppato e la punta è costruita “lavorando” le articolazione al di sotto della caviglia. Lo sforzo biomeccanico si concentra però a livello della regione tarso-metatarsale, e da qui l’insorgenza delle fratture a livello della base del II o del III metatarsali.
Clinicamente, la frattura da stress viene sospettata quando compare progressivamente dolore a livello della base del metatarsale. Il dolore è presente dapprima solo durante l'attività, poi anche a riposo. Il dolore è intenso durante la punta e la mezza punta. All’inizio della sintomatologia dolorosa, la Rx può essere negativa, ma la risonanza magnetica e o la TAC evidenziano la frattura e l’edema all’interno dell’osso. La terapia è assai diversificata.
Le fratture da stress guariscono bene con il riposo funzionale, l’astensione dall’attività della danza, l’uso di ortesi o scarpe a suola rigida, unita a terapie fisiche (magnetoterapia, ultrasuoni, onde d’urto). Le fratture da stress della tibia legate a scarso collo del piede sono invece dovute a squilibrio della muscolatura flessoria ed estensoria e all’azione dei muscoli stessi che eseguono una trazione sul margine anteriore della tibia. Questo, a lungo andare, porta ad un indebolimento della struttura dell’osso fino alla formazione di vere e proprie "cricche" a livello del margine anteriore della tibia. Anche in questo caso, le fratture da stress guariscono bene con il riposo funzionale e le terapie fisiche. È nota anche un’associazione tra fratture da stress e dimagrimento, per cui disturbi alimentari e/o ormonali andrebbero, se possibile, corretti.
Resta ora da spendere due parole su una domanda: posso migliorare il mio collo del piede? Diciamo di sì, “lavorando” i giusti muscoli e agendo sulle giuste articolazioni, agendo “in allungamento” su alcune strutture anatomiche così da creare spazio per permettere un miglior grado di escursione articolare. Questo migliorerà il collo del piede entro certi limiti ma, di sicuro, ridurrà il rischio di patologie muscolo-tendinee e ossee
descritte. Si dovrà quindi agire sui muscoli profondi del piede (tibiale, peronei, flessori delle dita, ecc), sulla tibio-tarsica e sulle articolazioni al di sotto di questa, senza “forzature” eccessive, ma con un lavoro progressivo, lento, profondo.