A grandi linee, si contano oltre 25 marche di scarpette da punta, apparentemente simili tra loro come forma, ma differenti nella sostanza. Cambia infatti la durezza della soletta, il suo taglio, l’altezza della mascherina, la forma del puntale. Queste sono le caratteristiche più importanti delle scarpette. Spesso inoltre si sente dire che un determinato modello sono consigliate per chi ha “un piede in via di sviluppo e per chi ha una buona caviglia”, ma che dipende anche “dalla forza del piede”. Secondo noi una affermazione del genere è fuorviante. La scarpetta non sosterrà una caviglia che non è capace di essere sostenuta in appoggio completo e in mezza punta. La scarpetta, per come è stata congeniata dal suo introduttore storico, è un “mezzo” e non uno “strumento di tecnica”.
Dunque, innanzi tutto bisogna ricordare che tutti hanno un piede con una morfologia propria, chi ha le dita della stessa lunghezza, chi ha l’alluce più lungo, in altre è il secondo dito ad essere più lungo. Questo indica che le dita dovranno “adattarsi” in modo differente al puntale.
Altra caratteristica da valutare è il sostegno della caviglia e del piede nei fondamentali, e quindi la capacità di correggere in ogni fondamentale l’atteggiamento del piede. questo vuol dire buona tecnica, uso del piede e della caviglia corretto nei fondamentali.
Da ultimo viene la “dote anatomica” del “collo piede”. Esistono piedi che sono più dotati (più cavi, magari più “forti”), altri invece meno. Tutti e due potranno studiare la punta, ognuno con risultati differenti e tuttavia con possibilità di sviluppare lesioni.
Dire che un piede deve essere forte, non vuol solo dire che esso sia adatto alla punta. Il piede deve essere armonico, la muscolatura flessoria ed estensoria deve essere ben bilanciata, le dita devono essere correttamente tese nel salvapunta e nel puntale. La maestra e l’allieva dovrebbero quindi scegliere insieme la scarpetta da punta in base alla caratteristiche anatomiche del piede e alla tecnica che la maestra stessa usa sulle proprie allieve per lo studio della punta.
Il “collo del piede” si forma per il continuo e costante lavoro muscolare e articolare, non perché una scarpetta ha una soletta morbida o una mascherina alta o bassa. Una punta inadatta concentrerà gli stress meccanici in aree ristrette del piede, generando tendinopatie e sovraccarichi articolari. Il dolore farà usare male il piede e genererà errori tecnici, in un circolo vizioso: scorretto uso del piede, consumo anomalo della scarpetta, difficoltà ad usarla, con conseguenti tendinopatie e sovraccarichi. Si genera quindi una continua ricerca che porterà più di frequente non a correggere l’uso della punta, ma a riferirsi a una scarpetta da punta di altra marca.
Si cerca di cambiare sempre il “mezzo”, che come detto non è “strumento tecnico”, vale a dire strumento per sviluppare il piede. Il piede dovrebbe già essere pronto per la punta, sia da un punto di vista di “predisposizione anatomica”, che da un punto di vista tecnico. La scarpetta potrà migliorare l’estetica del piede sviluppando doti anatomiche e tecniche già presenti, ma se un piede non ha “sostegno della caviglia”, difficilmente diventerà un piede ben “sostenuto” o il suo “collo del piede” molto sviluppato.
Un ultimo fattore da considerare è legato all’usura della scarpetta. Essa dovrebbe essere simmetrica, e il puntale dovrebbe essere simmetricamente consumato. La scarpetta dovrebbe presentare usura legata all’uso e non ad errori tecnici, il puntale non dovrebbe essere rotto e permettere di posizionare la scarpetta in equilibrio senza denotare deformità della soletta e del contorno della calzatura.
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